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Mattang

Mattang

curated by Fabio Carnaghi

MARS Milano - Milan Artist Run Space

6th - 14 June 2018

Milan

Site specific installation

Bamboo, glue

8 elements, unsettled dimensions

2018

Mars presents Giulia Berra's solo exhibition "Mattang", curated by Fabio Carnaghi

"Mattang" is the first appointment of a further exposition program hosted in the multiform spaces of Mars. Iles de Mars is a pun, a metaphor for explorers, an ambiguous toponym about a geography reinvented by the artistic experience. Iles de Mars is therefore a dreamed -but never completely explored- land.

Giulia Berra's research is directed towards a practice that moves from the scientific interest for Nature and its anthropological implications. Natural matter is transformed into materials for sculpture and installations, which often have a localized and ephemeral connotation, typical of the habitat of the finding of the site specific-project characterizing elements. The use of natural materials, collected during organized or accidental inspections, ranges from vegetal fibers and forms, such as galls or thorns, to animals remains, such as feathers of exotic or autochthonous birds, shells, insect exuviae or reptile molting skin, up to mineral findings.

Micronesia is the land chosen for the project at Mars. The references are the fascinating myths connected to the Kon-tiki adventure, whose childhood suggestion during a travel in Norway has acted in the imaginary related to navigation, a real topos in Berra's research. The Mattang is therefore the incipit for an odeporic narration, a true archetype of a nautical map typical of the Marshall Islands. Made with palm ribs, coconut fibers, pandanus roots, the Mattang is a chart with crossed sticks indicating sea currents and winds, while shells and coral fragments located the islands. Berra creates bamboo exoskeletons, floating interweaving, navigating sculptures.

 

 

Mattang

6 _ 14 Giugno 2018

a cura di Fabio Carnaghi

MARS Milano - Milan Artist Run Space

Milano

Installazione site specific

Bambù, colla

8 elementi, dimensioni ambientali

2018

Mars presenta "Mattang", mostra personale di Giulia Berra, a cura di Fabio Carnaghi.

"Mattang" è il primo appuntamento di una rassegna che abiterà il multiforme spazio di Mars. îles de Mars è gioco di parole, metafora da esploratori, ambiguo toponimo di una geografia reinventata dall'esperienza artistica. Îles de Mars è dunque una terra vagheggiata ma mai completamente esplorata.

La ricerca di Giulia Berra è indirizzata verso una prassi che parte dall'interesse scientifico per la natura e i suoi risvolti antropologici.

La materia naturale si trasforma in materiale per sculture o installazioni che spesso hanno un carattere localizzato ed effimero proprio dell'habitat di rinvenimento degli elementi caratterizzanti del progetto site-specific. L'uso di materiali naturali, recuperati in sopralluoghi organizzati o accidentali, spazia da fibre e forme vegetali -quali galle o spine- a spoglie del mondo animale - quali piume di uccelli autoctoni o esotici, conchiglie, pelli di muta di rettili o exuviae di insetti- fino a reperti minerali.

Il luogo eletto per il progetto a Mars è la Micronesia. I riferimenti sono gli affascinanti miti del Kon-tiki la cui suggestione infantile durante un viaggio in Norvegia ha agito nell'immaginario legato alla navigazione, topos nella ricerca di Berra. Il Mattang è dunque l'incipit di una narrazione odeporica, vero e proprio archetipo di una carta nautica tipico delle Isole Marshall. Realizzato con costole di palma, radici di pandano, fibre di cocco, il Mattang è un grafico a bastoncelli incrociati a traliccio che indicavano correnti marine e venti, mentre conchiglie e frammenti di corallo ubicavano le isole. Berra realizza esoscheletri in bambù, intrecci flottanti, sculture naviganti.

"Siamo abituati a pensare natura e percezione umana appartenenti a due regni distinti, in realtà sono inscindibili. Prima di essere riposo dei sensi, il paesaggio è opera della mente. Un panorama è formato da stratificazioni della memoria almeno quanto da sedimentazioni di rocce”.

Simon Schama, Landscape and Memory, 1995

Emilio Salgari fu affetto dalla più grande emozione della topofilia: nel suo caso significò fare viaggi straordinari rimanendo in una stanza, piuttosto angusta e ordinaria. La geografia dei luoghi può essere polisemica. La dimensione topofilica nella sua accezione esplorativa può disegnare carte topografiche o mappe, percorrere itinerari, così come lasciare il segno di traiettorie geopsichiche che portano ad approdi dell’immaginario. Come ricorda Simon Schama, ogni paesaggio è opera della mente, ovvero conserva la traccia del ricordo di chiunque vi sia stato fisicamente o trasportato dalla mente così come dal sogno.

L’isola è il topos per eccellenza di questa ricognizione immaginifica di territori d’avventura. La schiuma mitologica di Cipro, Itaca, terra di nostalgia, il buen retiro incantato di Ogigia, l’evanescente Ferdinandea, l’autarchica visionarietà della Procida di Arturo, fino alla leggendaria Thule sono il punto di approdo della curiosità arrischiata per l’evasione, per saziare il desiderio di muovere la mente e colmare la memoria sempre avida. Non è un caso che Thor Hayerdahl a capo della spedizione del Kon-tiki sia stato esploratore, scrittore e regista in una coincidenza di intenti e di metodi tra scienza, narrazione ed affabulazione. (Fabio Carnaghi)

Sono partita dall'idea iniziale di Isola Ferdinandea, con la sua geografia fisica e politica instabile, per fantasticare sul Kon-tiki - ho letto il libro e visto la vera zattera da bambina - e approdare alle isole del Pacifico, Polinesia e Micronesia, sempre in bilico dal punto di vista ecologico, esistenziale e spazio di migrazione, luogo di approdo e scomparsa di civiltà, a causa della scarsità di risorse e dei delicatissimi equilibri. Anni fa ho letto Collasso di Jared Diamond e sono rimasta molto colpita dalla ricostruzione delle migrazioni, delle colonizzazioni e dell'annichilimento di intere civiltà che contraddistingue ques'area poco conosciuta, anche se ampiamente stereotipata. In particolare, mi sono liberamente ispirata alle carte nautiche di

bastoncini delle Isole Marshall e alle imbarcazioni indigene. Ho visto una mappa a bastoncini per la prima volta a marzo, al WeltMuseum di Vienna, dove è conservata la collezione del Capitano Cook. Si tratta quindi di otto barche, zattere, rifugi, esoscheletri, navicelle per altri mondi semplicemente di piccoli rami di bambù (bambù da potatura) unite tra loro. Le strutture parlano di fragilità, precarietà, viaggio, avventura, esplorazione, pericolo, speranza e sono essenziali, ridotte all'osso. Le isole non compaiono, ma sono meta o punto di arrivo o approdo sognato nel mare, assurgendo a dimensione mentale. La navigazione avviene non attraverso punti fermi o vere coordinate geografiche, ma prendendo coscienza della natura, dei suoi processi, del suo dinamismo. (Giulia Berra)

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